<<Non basta aprire la finestra
per vedere la campagna e il fiume.
Non basta non essere ciechi
per vedere gli alberi e i fiori.
Bisogna anche non aver nessuna filosofia.
Con la filosofia non vi sono alberi:
vi sono solo idee.
Vi è soltanto ognuno di noi,
simile ad una spelonca.
C’è solo una finestra chiusa
e tutto il mondo fuori;
e un sogno di ciò che potrebbe esser visto
se la finestra si aprisse,
che mai è quello che si vede
quando la finestra si apre.>>
(NON BASTA APRIRE LA FINESTRA; Fernando Pessoa)
La finestra custodisce una o più vite, una o più anime: ognuna col suo segreto, ognuna col suo irripetibile, profondo, mistero; ognuna con il desiderio di felicità e di esprimersi nel mondo. Ognuno di noi, nei suoi diversi ed “unici” bisogni, attende un gesto salvifico, liberatorio: il risveglio, dell’anima dalla solitudine; poiché sa, nel profondo del suo cuore, che solo chi procede sul sentiero della libertà e dell’amore può
trovare una soluzione ai suoi problemi. La nostra esistenza è sentita, a volte, come una “Rocca” che ci tiene prigionieri o, come altra faccia della medaglia, come un “Castello incantato”, pieno di nostre presunte sicurezze, serenità e felicità. L’unicità assoluta di un altro sguardo, portato dagli occhi dello Spirito, potrà ricondurci fuori dal silenzio della solitudine, potrà disincantare noi e tutto il nostro castello, il microcosmo paralizzato che ci circonda e che sembra immutabile come un carcere. L’arte può diventare, così, addirittura una sorta di “terapia”.
La “rocca incantata” dove vive il nucleo spirituale della persona è accessibile
attraverso le “finestre” dei sensi, che possono essere più o meno chiuse.
Il senso della vita si desta con l’ispirazione artistica dal mondo naturale.
Il senso del movimento può essere rivitalizzato e armonizzato con il disegno di forme, articolato in armonie ritmiche e coscienti incroci fra le linee, nell’imitazione di forme naturali, che in realtà sono solo energie vitali.
Il senso dell’equilibrio si recupera con il colore, che in sostanza è nient’altro che il sentimento che ci circonda.
L’arte ci insegna ad immaginare la vita con armonia e a guardare con occhi nuovi cose vecchie.
L’arte rivela l’Uomo. Essa esprime l’intima essenza che contraddistingue la persona e ne decreta l’unicità nel creato: l’autocoscienza, la capacità di riflessione e, quindi, la possibilità di conoscere non solo materialmente ed istintivamente la realtà, ma dentro
una sfera che diciamo di interiorità. Ma l’Uomo che si interroga sulla realtà sa accontentarsi del non sapere, del non
capire? La sua innata testardaggine, di fronte al mistero, non lo porta a rassegnarsi, ma, almeno, a farsene un’idea: ad immaginare-IMMAGINE-. L’opera d’arte è, quindi, innanzitutto, un rapporto con il mistero che avvolge la realtà e che si vorrebbe
scoprire. La pensava così anche Albert Einstein, che pure era uno scienziato: La cosa più bella che possiamo sperimentare è il mistero: è la fonte di ogni vera arte e di ogni vera scienza.
Ciò che spinge alla fase “produttiva” dell’opera d’arte, oltre ad indagare il mistero, è lo stupore che sempre suscita l’attenta osservazione della realtà. Oggi, che non ci si sorprende ormai più per nulla, l’arte può avere addirittura il compito di ridestare la meraviglia della gente davanti alle cose, come notava un letterato, profeta del nostro tempo: La dignità dell’artista sta nel suo dovere di tenere vivo il senso di meraviglia nel mondo( Gilbert Keith Chesterton).
Mistero e stupore sono i due sentimenti che rivelano una curiosità più profonda: l’intuizione che tutte le cose custodiscano un segreto, una essenza più nascosta della apparenza superficiale; un’armonia parallela alla natura, come l’avrebbe definita il grande pittore francese Cezanne. La cultura di ogni tempo e di ogni latitudine l’ha chiamata verità. Ogni artista l’ha cercata pensando ad una forma ideale, più bella e perfetta di ogni realtà materiale, immutabile ed eterna, contro la finitezza del mondo. La lettura di un’opera d’arte e l’analisi dei suoi significati non si esauriscono con l’esame dei suoi livelli tecnici, in quanto ogni creazione artistica nasce in una situazione culturale, particolare e locale, ma giunge ad un portato universale per quel “qualcosa” di irriducibile e di incomparabile che vi risiede. Ogni visione di un capolavoro è un dialogo, nasce da un incontro: non dal potere esercitato dall’artista sul soggetto, attraverso la forza dello sguardo o l’abilità dell’artigiano, ma dall’incontro di due mondi, quello della realtà e quello della coscienza ricondotti all’unità.
I fatti storici sono ricordi, l’opera d’arte è un’evidenza.
<<Non ho mai reso la pittura un’opera d’arte. È solo ricerca.>> (Picasso)
Marco Vallicelli
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