Rocca Colonna, altro nome con cui è conosciuto il Palazzo Ducale del borgo di Castelnuovo di Porto a nord di Roma, domina il paese situato sui colli intorno alla città. È il centro attorno al quale si sviluppa l’abitato che per la sua posizione, con alle spalle la via Flaminia e Tiberina e il porto fluviale di Ponte Storto sul Tevere, era un importante crocevia per chiunque giungesse o partisse da Roma. Il nome del borgo, non si deve però alla sua vicinanza con lo scalo sul fiume, ma alla sua posizione, in quanto si trovava nel territorio della Diocesi di Porto e Santa Rufina e dal XII secolo è noto nelle fonti con il nome di Castrum Novum Portuensis.
Le origini sono molto antiche e risalgono ad insediamenti capenati in epoca preromana e successivamente viene inglobato nei domini della città etrusca di Veio, una delle principali avversarie di Roma, tra VII e VI secolo a.C. Con la crescente potenza dell’Urbe, a seguito della definitiva sconfitta del centro etrusco nel 395 a.C., la zona diventa possedimento romano che si svilupperà pari passo con la “capitale” e dopo la caduta dell’impero, quando ancora non è attestata nessuna fortificazione simile ad un castello, diviene prima proprietà dei monaci cassinesi, intorno al VI-VII secolo d.C. e poi del Monastero delle R.R. Monache di Campo Marzo, struttura abitata da religiose bizantine giunte all’incirca nell’VIII secolo.
Nell’Alto Medioevo il territorio era chiamato Ager Collinense e Castelnuovo era il centro maggiore che dominava l’intera zona. Nel X secolo appare la prima traccia di fortificazione ad opera probabilmente di Alberico da Roma (912 ca. – 954), figlio di una delle grandi protagoniste della storia della Chiesa di quegli anni, Marozia dei Conti di Tuscolo e del Duca di Spoleto, Alberico. Nonostante la fortificazione, il borgo e il suo territorio subiscono due gravi saccheggi, il primo nel 942 ad opera degli Ungari e il secondo ad opera dell’Imperatore tedesco Enrico II nel 1013. Dopo alcuni anni di vuoto nei documenti, nel 1074 papa Gregorio VII attesta il definitivo nome della cittadina in Castrum Novum, il suo controllo e della zona circostante da parte del Monastero di San Paolo fuori le mura almeno fino al XIII secolo (riconfermata nel 1139 da papa Innocenzo II). In questo periodo probabilmente furono i monaci a restaurare il precedente fortino di Alberico che nel 1252 è indicato essere già proprietà della famiglia Colonna, una delle più importanti famiglie magnatizie di Roma.
La Rocca sembra infatti essere stata ricostruita intorno al 1290 da un loro esponente, Giacomo Colonna, detto “Sciarra”, a causa del carattere “esuberante”, protagonista dell’ormai leggendario “schiaffo di Anagni” nei confronti di papa Bonifacio VIII. Alla fortificazione aggiunse anche una torre di rivellino, cioè staccata dal corpo principale, di cui sono rimasti i resti sulla sinistra della piazza del Palazzo e di un camminamento che li collegava, oggi completamente perduto. Risale sempre a questo periodo e probabilmente ad opera dello stesso Sciarra, la Cappella di S. Silvestro all’interno della Rocca, già citata in una bolla papale del 1026 e da allora legata ai Colonna. Furono loro che intorno al 1400 ricostruirono la fortificazione con mura di cinta e torri, ancora visibili tra le abitazioni e nello stesso secolo sotto il pontificato di Martino V (1417-1431), la famiglia raggiungerà la massima potenza e influenza, con la Rocca in possesso dei colonnesi anche se non continuamente, sino al 1581, quando per mancanza di eredi diretti, diventa proprietà del Papa insieme ai suoi territori. Dopo l’apogeo della prima metà del XV secolo, Castelnuovo viene attaccato ed espugnato dall’esercito del Cardinal Vitelleschi, che assedia la cittadina in quanto nascondiglio di Nicolò Fortebraccio, che combatteva per gli Sforza contro Roma. Nel 1501 nonostante la proprietà fosse di nuovo in mano ai Colonna, venne occupata da papa Alessandro VI, al secolo Papa Borgia, che aumentò le fortificazioni munendole di artiglieria, rimanendo suo possedimento sino alla morte nel 1504, quando ritorna nelle mani di Giovanni di Odoardo Colonna. Con l’aiuto dei signori di Castelnuovo riuscirà a firmare la pace con il territorio circostante, ratificato anche nel 1548 da Papa Paolo III e da un altro Sciarra Colonna, ultimo proprietario della Rocca, dopo la morte della moglie Clarice Anguillara Colonna nel 1581.
La Rocca in tutti i suoi secoli ha ospitato personaggi illustri, come il nostro Dante Alighieri nel ritorno da Roma a Firenze quando apprese che era stato condannato all’esilio dopo la vittoria dei guelfi neri nella sua città. È stata la residenza di Sciarra Colonna e della moglie Clarice nel XVI secolo sino alla morte di lei, ha ospitato la Regina Cristina di Svezia e nel 1734 Carlo III di Borbone mentre si apprestava a conquistare il regno di Napoli. Il complesso nel 1870 è diventato un carcere mandamentale e sede della Pretura sino alla metà del 1900. Quest’anno ospita la tappa romana della mostra itinerante sulla Divina Commedia, illustrata da 333 artisti contemporanei, ideata e curata dal noto storico e critico d’arte internazionale Dott. Prof. Giorgio Gregorio Grasso, dal 4 al 12 settembre. Nella splendida cornice del Palazzo Ducale, l’importante esposizione mostrerà al pubblico le opere che rappresentano molte terzine dantesche, come personaggi, paesaggi infernali e paradisiaci e scene importante del più famoso poema della letteratura italiana e mondiale.
La Cappella di S. Silvestro
Nome con cui è conosciuta attualmente, la Cappella in passato era detta Chiesa di S. Silvestro in Castello ed è custodita all’interno del Palazzo Ducale sin dal lontano 1026. La sua straordinaria bellezza è da poco tornata alla luce, dopo un lungo restauro che ha permesso di ripristinare gli originali affreschi medievali lungo le pareti e la volta a crociera. La struttura è di piccole dimensioni, misura infatti soltanto 3,60 m x 3,20 m e riproduce sul soffitto i quattro evangelisti con i loro simboli e lungo i muri S. Silvestro con altri santi e scene della vita di Cristo. I dipinti illustrano il santo a cui è dedicata la Cappella mentre scaccia il drago simbolo del paganesimo, in un trittico insieme a S. Leonardo di Noblac, con i ceppi in mano perché protettore dei carcerati e di coloro che son stati imprigionati ingiustamente e dall’altro lato S. Antonio con il campanello. Sopra ai santi è rappresentata una mandorla che incornicia Gesù Cristo benedicente con la mano destra alzata e un libro in mano, sorretto da due angeli. Sulla parete sinistra la scena principale è occupata dalla Vergine col Bambino seduta su un trono che è inglobato dallo scorcio prospettico di una città fortificata, con Santa Caterina d’Alessandria in ginocchio, mentre rende omaggio a Gesù e sullo sfondo a destra è presente S. Martino, con la pastorale, cioè il bastone del vescovo. Sopra a questo affresco è dipinta una crocifissione, con Cristo al centro e ai lati probabilmente la Vergine alla sua sinistra e S. Giovanni dall’altra parte.
Volgendoci verso la parete destra, dove si trovava la porta d’accesso originale alla Cappella, le pitture sono danneggiate parzialmente e rimangono un cavaliere sulla sinistra e in alto un’iconografia particolare della crocifissione, con Gesù tra le braccia di suo padre, seduto su un maestoso trono. Nell’ultima parete in fondo, dove era stata costruita una seconda entrata che andava a sostituire la prima, vi è solo una parte di un affresco raffigurante il Battesimo di Gesù, di cui rimangono dei volti, tra cui quello di Cristo, di un giovane, forse S. Giovanni, la mano probabilmente del Battista e un angelo dalle grandi ali, in una scena dove appare lo sfondo roccioso delle montagne della Galilea.
Tutti i dipinti, secondo la restauratrice Pamela Bartolomei, sono stati realizzati in un breve arco di tempo da una bottega di artisti locali, ingaggiati da Giacomo “Sciarra” Colonna. Sono datati complessivamente al XIV secolo e quasi tutti commissionati da lui, in quanto protagonista degli interventi più importanti eseguiti nella Rocca.
La Rocca e la Loggia Pinta
La trasformazione da Rocca a dimora rinascimentale risale al 1548, quando Alessandro Colonna decide di concedere in feudo al figlio Sciarra, Castelnuovo e il suo territorio. Completa l’opera del padre apportando importanti modifiche strutturali e architettoniche al castello, in particolare al piano superiore, dove fa dipingere un immenso salone conosciuto successivamente con il nome di Loggia Pinta o Sala Pinta. La loggia risale al 1568 ed è opera di Federico Zuccari, uno dei grandi rappresentanti del manierismo tosco-romano del Cinquecento
Il ciclo di affreschi sulle pareti e sulla volta ritrae le Virtù, gli episodi più importanti della storia di Roma, come l’arrivo di Enea e le battaglie di Benevento e Zama, le Stagioni e paesaggi della città antica, come un porto con un santuario che sembra essere stato identificato con il tempio di Minerva Medica. Altre scene ritraggono battaglie, soggetti eroico-mitologici e scorci sui possedimenti della famiglia Colonna, tutto sapientemente ed elegantemente separato da cornici in stucco bianco, realizzate con complicati arabeschi.
Deborah Scarpato
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