Il complesso di San Bernardino è situato a Caravaggio e comprende la Chiesa e il convento dedicati all’omonimo santo, anche se oggi è indicato con il nome di Centro Civico di San Bernardino.
È un’architettura tardo medievale, concepita dal comune di Caravaggio per rendere omaggio al santo che con le sue prediche, riuscì a portare la pace tra la comunità e Treviglio. San bernardino giunse in città nel novembre del 1419 e riuscì a sedare i contrasti violenti tra i due centri, che erano degenerati in gravi liti per i confini, omicidi, incidenti e vendette. Alla morte del santo senese avvenuta all’Aquila nel 1444 e a seguito della sua rapida canonizzazione nel 1450 ad opera di papa Niccolò V, entrambe le città decisero di erigere un edificio a suo nome e a Caravaggio il terreno venne donato dalla famiglia Secco, con i lavori che iniziarono nel 1472 e terminarono nel 1488, con la consacrazione avvenuta l’anno successivo.
Il convento faceva parte della diocesi di Cremona, ma venne donato agli Osservanti della Provincia di Milano, uno dei rami in cui si divise l’originario movimento francescano, che vi rimasero sino al 1543, anno in cui divenne proprietà dei Riformati. Il complesso riuscì a superare indenne la dominazione austriaca, ma venne chiuso nel 1798 per ordine di Napoleone, che fece trasferire tutti i religiosi a Crema, vendette l’intera struttura ad un privato e lo chiuse definitivamente l’11 maggio 1810. Successivamente divenne proprietà dell’ospedale civile che lo trasformò in caserma e casa colonica, trasformando la parte del convento, mentre la chiesa come luogo di culto, riuscì a sopravvivere fino ai giorni nostri nella sua forma originale. Si dovrà attendere il 1970 quando il Comune di Caravaggio compra il convento e i terreni dall’ospedale e il 1978 quando viene ceduta anche la Chiesa, dopo il grande restauro del 1973 ad opera dell’architetto Sandro Angelini di Bergamo.
Il complesso, come abbiamo detto, comprende la Chiesa, di cui è la parte più significativa e il convento con un chiostro che si affaccia sul cortile interno, con un auditorium che oggi ospita mostre temporanee.
La Chiesa, essendo francescana, si presenta con una facciata semplice e sobria in stile gotico-lombardo. La struttura presenta un’unica navata divisa orizzontalmente da un intramezzo, che serviva per separare i fedeli dall’area adibita per i soli religiosi. Ai lati della navata, sul lato sinistro, si aprono tre cappelle affrescate che son state dipinte in epoche più recenti, altre due in fondo alla navata, dove al centro lo spazio immette al presbiterio e al coro, con la struttura tardo medievale ancora originale dalla navata coperta da un tetto a capriate, nascosto da un soffitto a cassettoni.
All’interno sono ospitati dei bellissimi cicli di affreschi realizzati da pittori locali, come Fermo Stella, Nicola Moietta, Federico Ferrari e i fratelli Galliari, anche se di questi ultimi, non vi è la certezza dell’attribuzione. I dipinti più importanti sono quelli realizzati dal pittore Fermo Stella, a cui si deve l’affresco tra la prima e la seconda cappella e il ciclo dell’intramezzo della Passione di Cristo.
L’affresco “Madonna con bambino tra i santi San Bernardino da Siena e San Rocco” tra le due cappelle è uno dei più belli realizzati dallo Stella nella Chiesa. Vediamo al centro la Madonna col bambino seduta su un trono, raffigurata con i capelli rossi e la veste purpurea, con il manto azzurro che le copre le ginocchia, mentre ha lo sguardo abbassato con il Cristo che invece guarda lo spettatore. Alla sua sinistra in piedi, vestito con la tipica veste francescana, vi è San Bernardino da Siena che tiene in mano il “suo simbolo”, una tavola di legno dipinta in rosso con disegnato all’interno di un sole raggiante il trigramma “IHS”, le prime lettere del nome di Gesù in greco, oppure l’abbreviazione del motto “In Hoc Signo (vinces)”, (con/in questo segno vinci), cioè il motto di Costantino o infine l’anagramma di “Iesus Hominum Salvator”. (anche se il simbolo disegnato dallo stesso santo era un sole su fono azzurro).
A destra della Vergine, troviamo San Rocco, con alcuni dei suoi tipici attributi, il sanrocchino, il tipico mantello corto del pellegrino, il bastone, usato sempre da loro durante le lunghe marce verso i luoghi santi e a cui sembra legata una zucca, che simboleggiava il contenitore d’acqua usato dai pellegrini per dissetarsi.
Dell’affresco è anche interessante la fascia sottostante, divisa in due finti pannelli, dove lo Stella si è “divertito” a firmare l’opera con un rebus. Nel primo a sinistra si vede all’inizio un ferro di cavallo, che indica la parola “FER”, poi una gabbia forse con un topolino che indica “MUS” e infine una stella stilizzata. Rimane ancora un mistero il significato del bicchiere con l’uomo che ara un campo, l’aratro e le inferite nel pannello vicino, dove si conosce solo il senso delle “15 C” poste alla fine: 1500, indicano gli anni in cui il pittore realizza l’affresco.
Gli affreschi più significativi della Chiesa sono quelli che compongono il ciclo della Passione di Cristo dipinti nell’inframezzo della navata. Realizzati sempre da Fermo Stella nel 1531, al contrario del resto dei suoi dipinti che son stati realizzati dal 1515 in poi, sono stati restaurati recentemente, fatto che ne ha permesso il ritorno all’antico splendore. L’imponente composizione copre una superficie di quasi ottanta metri quadri ed è divisa in cinque parti: al centro il grande dipinto della Crocifissione, ai lati l’Ultima Cena, Gesù davanti a Pilato, l’Arresto e la Resurrezione. Sotto fra gli archi all’interno di tondi sono presenti i profeti e nelle pareti laterali vi sono le sibille a chiudere l’intera scena.
La crocifissione è un affresco imponente, con Gesù al centro attorniato da angeli e putti e i due ladroni ai lati, dove sulla destra in alto, appare un demone, probabilmente Satana, che apre uno squarcio di paesaggio rosso, forse l’inferno, pronto ad accogliere i peccatori. Sotto la folla gremita, con donne, uomini, bambini e cavalieri con stendardi, che assistono al martirio di fronte ad una Gerusalemme sullo sfondo.
Ai lati del dipinto vi sono due scene per parte, dove sulla sinistra troviamo l’Ultima cena e sotto Cristo di fronte a Pilato. Interessante si presenta il primo affresco dell’Ultima cena, che sembra riprendere la prospettiva e l’impostazione del Cenacolo di Leonardo, con questa lunga prospettiva all’interno di un edificio che si apre sul paesaggio retrostante, con Gesù e gli apostoli disposti dietro al tavolo, dove lo Stella cambia e posiziona alcune figure di fronte, come a voler formare una sorta di cerchio. Curiosa figura a sinistra di Cristo è quella con i capelli lunghi e rossi, dall’abito scarlatto che secondo l’iconografia, dovrebbe essere Maria Maddalena che indica Gesù o qualcuno alla sua destra, seduta la posto di San Giovanni.
Sotto l’Ultima cena troviamo il riquadro con Cristo di fronte a Pilato, in piedi con una sorta di cappio al collo tenuto da una guardia inginocchiata di fianco al trono in cui siede il governatore. Attorno a Gesù vi sono altre guardie, di cui una in piedi in primo piano che regge un grande scudo e alcuni popolani che assistono alla scena, che si affaccia su uno scorcio cittadino.
Dalla parte destra si trovano, invece, in alto l’arresto di Cristo nel giardino degli ulivi e la Resurrezione. Nel primo dipinto vediamo Cristo al centro che sta seguendo le guardie armate che son venute ad arrestarlo, mentre la figura di fianco, Giuda, si appresta a dargli il famoso bacio. In basso, forse San Pietro, cerca di impedire l’azione dei soldati bloccandone uno a terra, mentre le espressioni e i gesti delle guardie danno la sensazione della gran confusione e della tensione che anima l’affresco. L’ultimo riquadro ospita la Resurrezione, con la grande figura di Cristo al centro in piedi sopra un basamento marmoreo, che appare alla gente con la mano destra benedicente e una bandiera nella sinistra, posto all’interno di una grande mandorla dorata. Sul basamento sono riportati i numeri 15 e 31, lasciati dall’artista, che indicano l’anno di realizzazione dell’opera. Gesù appare come all’improvviso tra la gente spaventata e atterrita, probabilmente durante uno scontro, come si deduce dalle armi, dagli scudi e dalle persone riverse a terra, morte o ferite. Probabilmente fa riferimento a uno dei tanti conflitti tra Caravaggio e Treviglio, che l’intervento di San Bernardino fece finalmente cessare, qui sostituito dalla resurrezione di Cristo e dal suo potere salvifico.
Gli affreschi della Chiesa infine si completano con le cappelle sul lato sinistro, dove la prima è dedicata alla Madonna ed è coperta da una volta a crociera a sesto acuto. Sulle pareti laterali sono rappresentate scene provenienti dalla vita di Maria: a destra l’Ascensione, la Pentecoste e l’Assunzione e a sinistra la Natività,
l’Epifania e il Cristo Risorto. Questi dipinti sono di difficile datazione e attribuzione, ma la maggior parte degli esperti sembra concordare che siano stati realizzati a fine Quattrocento da Zenale e Buttinone, due pittori trevigliesi. La volta presenta negli spicchi dei tondi raffiguranti nove Santi Francescani: San Raimondo, San Bonaventura, S. Antonio da Padova, San Francesco, San Ludovico, San Bernardino, Santa Chiara, San Bernardo e San Bartolomeo da Cremona. Anche per loro l’attribuzione è ancora ignota così come gli otto martiri raffigurati nella parete sotto l’arco d’entrata e la pala d’altare che raffigura l’Immacolata.
La seconda cappella era stata all’inizio dedicata a San Bartolomeo mentre oggi ospita un altare dedica a S. Antonio da Padova. A differenza della prima, ha subito nel tempo molte modifiche ed è coperta anch’essa da una volta a crociera gotica. Su di essa sono raffigurati i quattro evangelisti: Marco, Matteo, Luca e Giovanni, che risalgono al Cinquecento ma di attribuzione ignota. Le pareti invece presentano nella parte superiore la raffigurazione di due angeli, opera de pittore caravaggino Ferruccio Baruffi (1889-1958).
La terza cappella è dedicata a San Francesco, ma della decorazione originale dedicata alla vita del santo, non rimane traccia, a causa dell’usura dovuta all’umidità. Venne affrescata il secolo scorso dal pittore trevigliese Trento Longaretti, che fu costretto a staccarli di nuovo sempre per le infiltrazioni durante il grande restauro della Chiesa. Le ultime due cappelle dopo la parete divisoria della navata, contornano l’altare. La cappella di sinistra ha perso anch’essa le pitture originali e oggi ospita un crocifisso, mentre la cappella di destra, presenta ancora le decorazioni dell’epoca, dove è raffigurata la Madonna con bambino, tra i santi Bernardino e Bonaventura, opera attribuita al pittore caravaggino Cristoforo Ferrari de Giuchis.
Tra le due cappelle c’è un breve corridoio che conduce al presbiterio dove si trova l’altare in noce che reca decorazioni barocche. I dipinti di quest’area dell’arco e dell’abside sono attribuiti ai fratelli Gallieri nel 1759, mentre due tondi raffigurano Sant’Anna che tiene in braccio Maria Bambina e l’altro San Giuseppe con Gesù Cristo e sullo sfondo una pala d’altare che rappresenta San Bernardino mentre rifiuta la tiara vescovile, in quanto si rifiutò sempre in vita di accettare la nomina di vescovo.
Questo bellissimo gioiello nel paese che diede i natali a Michelangelo Merisi, detto proprio il Caravaggio, quest’anno dal 16 luglio, ospiterà la mostra dedicata ai 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, con 333 artisti contemporanei che hanno illustrato la Divina Commedia. Questo grandioso progetto, già iniziato sabato scorso a Rocca Brivio Sforza a San Giuliano Milanese, è stato ideato e curato dal noto storico e critico d’arte Dott. Giorgio Gregorio Grasso, che ha riunito le opere in un volume illustrato del Poema dantesco e che saranno mostrate al pubblico in questa mostra itinerante in molte città italiane.
Deborah Scarpato
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