Di Maria Marchese
Da sabato 15 Maggio, presso lo spazio espositivo della Galleria “Il Rivellino” , in via Dante Alighieri n. 41, a Ferrara, si terrà il vernissage dell’esposizione collettiva “L’ANIMA DELLA MATERIA” : Gianni Deserri, docente del corso di scultura presso l’Accademia S. Nicolò, presenterà, con Marco Nava, artista e presidente del “Club amici dell’arte” APS, autori e opere espressi nel contesto della mostra, la cui curatela è stata seguita da Maria Marchese.
Gianni Deserri, la cui carriera artistica è scandita da significativi riscontri e encomi, apre uno spaccato su una dimensione in cui la materia diviene “genera mater” : plasmata dalle mani degli autori essa muta in “plastica trascendenza” , sprigionando la forza concettuale, formale, sperimentava dell’anima e dell’ingegno degli artefici.
Le opere custodiscono altresì l’energia dei quattro elementi: terra, aria, acqua e fuoco vivificano l’elemento materiale e sposano ispirazioni e intuizioni degli artisti. Da queste nozze appare, all’occhio dell’osservatore, una genesi esistenziale materica, che concreta l’ineffabile.
Alla kermesse espositiva saranno presenti: Carla Scagnolari, Franca Menegatti, Maurizio Ganzaroli, Franco Marchesi, Alfredo Filippini e Renzo Gentili.
CARLA SCAGNOLARI
Carla Scagnolari, di origini venete, si avvicina alla scultura grazie ad un’amica; da profana approda all’Accademia S. Nicolò a metà degli anni ’90 e, da allora, il suo percorso artistico continua, affiancato da Gianni Deserri. La sua prima opera risale al 1997.
“L’ABBRACCIO”
Terra, acqua e fuoco nasce una “triade” figurata ove l’assolo di due concretezze fisiche si fonde con la sfera della sacralità e della riflessione: così, umano e divino mutano in un’unica sensatezza scultorea. L’autrice infonde nella naturalezza della creta l’esperienza della protezione, dell’amore totalizzante, della crescita congiunta di due nuclei viventi, proficienti verso un cammino di crescita personale. Le fattezze rimandano a terre orientali e alla loro storia, odorosa di meditazioni e levità spirituale.
FRANCA MENEGATTI
Di origini ferraresi, l’artista esperisce se stessa, da oltre 20 anni, dapprima nella pittura e nella grafica dopodiché approda alla scultura. L’autrice aderisce al “Club amici dell’arte” APS nel 1998: da allora segue i corsi del Maestro Gianni Deserri e le iniziative de “Il Rivellino” .
“I GIOCHI DI UN TEMPO”
Franca Menegatti manifesta il proprio temperamento artistico plasmando un nostalgico atto scultoreo: dalle trame del tempo, l’autrice dirime un amabile rimpianto, rendendolo plastico, che preserva la spensieratezza dell’età fanciulla. I giochi dimenticati favolano un’atmosfera fatta di convivialità, levità, semplicità…
L’artista affronta il bailamme attuale riportando l’attenzione sui valori importanti.Carezza con calma mano la materia, vivificandovi addentro il ricordo; vi lascia l’abbraccio del tempo: una patina ricopre, infatti, il cupreo atto. Essa sottolinea lo scorrere del tempo nonché la presenza imperitura di momenti che si preservano nella mente e nel cuore.
MAURIZIO GANZAROLI
Ferrarese, Maurizio Ganzaroli esperisce se stesso in diverse discipline artistiche, pittura, scultura, videoarte, teatro, poesia… Proprio questa sua versatilità fa di lui un performer.
Artista poliedrico e pluririconosciuto si manifesta attraverso fogge sempre difformi e intense, che affrontano tematiche sociali e personali di grande rilievo.
“LA SIRENA MORENTE”
Maurizio Ganzaroli presenta, in questo contesto, una piccola preziosità marina che nasce dalla “terra del fuoco” . La adagia su un’immaginaria spiaggia ove gode istanti di sole e aria, mentre il corpo muta in ferreo involucro, preservandosi, così, dalla voracità del senso della fine.
L’autore sembra volerne altresì salvare la poesia legata al mito: la creatura fantastica ci rammemora il viaggio di Ulisse, il virgineo canto e la sua malía, gli abissi inesplorati della mente.
Un invito, quello dell’autore, a conservare in noi la leggerezza del sogno e del surreale come parte integrante della vita di ogni giorno: essa sta scomparendo annichilita dalle regole sociali e dalla normalità.
Maurizio Ganzaroli sublima l’inusuale, la terra dell’assurdo e dell’inafferrabile per salvare una parte indispensabile dell’essere umano.
Maurizio Ganzaroli presenta anche un catalogo: una selezione di oltre 70 opere scelte, curato e con la descrizione critica della scrittrice, giornalista e critica Silvia Landi. Esso rappresenta un sunto del suo percorso artistico degli ultimi 6 anni.
FRANCO MARCHESI
Franco Marchesi torna a esporre al Rivellino: dopo una personale tenutasi qualche anno fa, ripropone oggi alcune sue opere, che confermano e sottolineano il legame necessario tra materia, vita, creatore e creato. Scultore praticamente da sempre, Franco Marchesi identifica il legno come involto terragno ove sintetizzare la naturalezza delle sue intuizioni.
L’autore ivi ravvisa a priori la concretezza di queste ultime e, con impeccabile mano, le libera dal ligneo contesto.
Nascono così reali immaginari: essi infatti hanno origine nella terra e prendono forma dall’incontro di quest’ultima con la sensibilità esperienziale dell’artista.
OPERE ESPOSTE
Franco Marchesi propone, in questa sede, una serie di atti scultoi nati in un periodo in cui la nudità era foriera di scandalo: figure di donna, riprese in fermi immagine quotidiani, che affermano la totale armonia con il proprio corpo. Lo scultore lenisce la severità del legno sposandovi pienezze anatomiche odorose di femminilità e consapevolezza.
Un’opera, in particolar modo, propone all’osservatore una coppia priva di veli e ricorda la performance “Imponderabilia” , di Marina Abramovic e Ulay, svoltasi nel 1977 alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna.
Seppure e i soggetti siano espressi in posizione diversa, il contesto concettuale rimanda all’atteggiamento preformato in quella storica sede: un nuovo Eden nasce, da questo autore, il cui sapore si esprime come deciso e primitivo, nel canto di una conturbante innocenza.
Franco Marchesi espone altresì due sculture equestri. Il cavallo si fa portavoce di un’indole brada, custode di energia vitale. Inebria l’atto scultoreo plasmandone, con maestria, l’eleganza delle forme; le eleva poi verso un ignoto superno, che diviene quasi una meta esistenziale raggiungibile attraverso la possanza impressa nelle fattezze, dalla sua capace mano.
ALFREDO FILIPPINI
Nato a Ferrara, ove trascorre la propria esistenza, a cinquant’anni diventa allievo e, in seguito, collaboratore dello scultore Laerte Milani, docente del laboratorio di arte allestito negli spazi dell’ex chiesa di piazzetta S. Nicolò a Ferrara. Figura nota ai ferraresi, fino a qualche tempo fa lo si poteva incontrare all’opera e investe di maestro nei pomeriggi del fine settimana…
OPERE ESPOSTE
Legato alla tradizione classica, Alfredo Filippini afferma se stesso attraverso il concretamento di esperienze umane legate alla storia e alla mitologia.
Le opere raccontano di un palmo che sorrade la creta lungamente e con perizia per risolvere l’enigma temporale, rendendo così attuale il lirismo del mito e della storia.
L’autore manifesta stati plastici in cui esalta e dirime l’apice dell’azione, fermandolo nell’atto scultoreo. Immobilizza, infatti, istanti corali e nostalgici, preservandone le movenze e, a tratti, tensione e rilassatezza al limite della perfezione; l’osservatore gode appieno del fermento fisico e emotivo coinvolto tra le trame materiche.
RENZO GENTILI
Ferrarese, innamorato della propria città, l’artista è cresciuto tra la scuola di pittura di Giulio Soriani, scenografo raffinato, e quella del maestro Laerte Milani, caratterizzata da levità. Dagli anni ’70 espone nel contesto di mostre personali e collettive in tutto il territorio nazionale, ricevendo premi e riconoscimenti.
OPERE IN MOSTRA
L’ autore propone, in questo contesto, atti scultorei che si manifestano entro un’andana in cui si percepisce il fluire di un amabile delirio esistenziale.
Gentili carezza nella materia un sogno metafisico/mitologico e lo esprime identificandolo attraverso vibrazioni tonali odorose di surreale, terra e cielo, mutazione esistenziale…
Le figure appaiono mentre l’autore annichila, con le proprie mani, la forma per assurgere la significanza di una dissertazione scelta e peculiare.
Lo scultore “gioca” con l’immagine plastica allungandola, ammorbidendola, vivificandola e allignandone l’essenza nella terra dell’illimite : il non senso acquisisce così la forma di un eloquio tridimensionale non comune.
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